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È stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 258 del 4.11.2017,  la Legge 161 del 17.10.2017 riguardante “Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n.159, al codice penale e alle norme di attuazione, di  coordinamento e transitorie del codice di  procedura penale e altre disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate” che entrerà in vigore il 19.11.2017.
Tale provvedimento modifica varie normative (riguardanti le misure di prevenzione personali e patrimoniali; l’amministrazione, gestione e destinazione di beni sequestrati e confiscati, la Tutela dei terzi e rapporti con le procedure concorsuali) tra cui il D.Lgs. 231/01 relativo alla responsabilità amministrativa degli enti.

In particolare su questo tema la Legge 161/2017 prevede:
–  all’art. 11 (Controllo giudiziario delle aziende) l’introduzione nel D.Lgs. 159/2011 di un nuovo articolo,  34-bis,  il quale dispone che con il provvedimento che nomina l’amministratore giudiziale, il Tribunale può stabilire “ i  compiti   dell’amministratore   giudiziario finalizzati alle attività di controllo e può imporre l’obbligo: … di adottare ed  efficacemente  attuare  misure  organizzative, anche ai sensi degli articoli 6, 7 e 24-ter del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e successive modificazioni;
–  all’art. 30, co. 4 l’introduzione di nuovi delitti previsti all’art. 12 del D.lgs. 286/1998 riguardanti il procurato ingresso illecito ed il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, all’interno dell’art. 25 duodecies del D.Lgs. 231/01 con l’applicazione delle relative sanzioni pecuniarie ed interdittive.

Si riporta il testo del nuovo art. 25 duodecies del D.Lgs. 231/01 come modificato dalla legge 161/2017

Art. 25-duodecies  (Impiego  di  cittadini  di  paesi terzi il cui soggiorno è irregolare)

1.In relazione  alla commissione del delitto di cui all’articolo 22,  comma 12-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286,  si  applica all’ente la sanzione pecuniaria da 100 a 200 quote, entro il limite di 150.000 euro.
1-bis.  In  relazione  alla  commissione  dei   delitti   di   cui all’articolo 12, commi 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico  di  cui  al decreto  legislativo  25  luglio   1998,   n.   286,   e   successive modificazioni,  si  applica  all’ente  la  sanzione   pecuniaria   da quattrocento a mille quote.
1-ter.  In  relazione  alla  commissione   dei   delitti   di   cui all’articolo  12,  comma  5,  del  testo  unico  di  cui  al  decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e  successive  modificazioni,  si applica all’ente la sanzione pecuniaria da cento a duecento quote.
1-quater. Nei casi di condanna per i delitti di cui ai commi  1-bis e 1-ter del presente articolo, si applicano le sanzioni  interdittive previste dall’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a  un anno”.

Per completezza di seguito si riportano i commi richiamati dell’art. 12 del D.lgs. 286/1998

Art. 12 Disposizioni contro le immigrazioni clandestine
….
3.Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona nel caso in cui:
a) il fatto riguarda l’ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone;
b) la persona trasportata è stata esposta a pericolo per la sua vita o per la sua incolumità per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale;
c) la persona trasportata è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale;
d) il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti;
e) gli autori del fatto hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti.
3-bis. Se i fatti di cui al comma 3 sono commessi ricorrendo due o più delle ipotesi di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del medesimo comma, la pena ivi prevista è aumentata.
3-ter. La pena detentiva è aumentata da un terzo alla metà e si applica la multa di 25.000 euro per ogni persona se i fatti di cui ai commi 1 e 3:
a) sono commessi al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale o lavorativo ovvero riguardano l’ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento;
b) sono commessi al fine di trarne profitto, anche indiretto.
…………..
5. Fuori dei casi previsti dai commi precedenti, e salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero o nell’ambito delle attività punite a norma del presente articolo, favorisce la permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del presente testo unico, è punito con la reclusione fino a quattro anni e con la multa fino a lire trenta milioni. Quando il fatto è commesso in concorso da due o più persone, ovvero riguarda la permanenza di cinque o più persone, la pena è aumentata da un terzo alla metà.

Il testo completo della Legge 161/2017 è consultabile nel sito internet della Gazzetta Ufficiale al seguente indirizzo.

http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2017-11-04&atto.codiceRedazionale=17G00176&elenco30giorni=false

 

È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.75 del 30 marzo 2017 ed entrerà in vigore il 14 aprile 2017, il D.Lgs. 38/2017 (Attuazione  della decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio del 22 luglio 2003, relativa lla lotta contro la corruzione nel settore privato) che introduce importanti modifiche alla disciplina della corruzione tra i privati.
Tale Decreto dà attuazione e recepisce quanto stabilito dalla decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio dell’Unione Europea relativa alla lotta contro la corruzione tra privati.

Giova ricordare che la corruzione tra privati, prima di tale Decreto, prevedeva due particolari forme di corruzione passiva (per soggetti intranei):
la prima era prevista per gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, che, a seguito della dazione o della promessa di denaro o altra utilità, per sè o per altri, compivano od omettevano atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionando nocumento alla società (co.1);
la seconda si configurava in caso di commissione della stessa condotta da parte di chi era sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma (co.2).
Era prevista inoltre al co.3 una forma di corruzione attiva nel caso in cui un soggetto qualsiasi (soggetto estraneo) avesse dato o promesso denaro o altra utilità alle persone indicate nel primo e nel secondo comma. Per tale forma di corruzione scattava inoltre la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote prevista dall’art. 25 ter co.1 lett. s bis del D.Lgs. 231/01 in caso di responsabilità amministrativa degli enti.

In dettaglio riportiamo le modifiche apportate dal Decreto Legislativo 38/2017:

  1. Modifiche all’art. 2635 c.c.(Corruzione tra privati)

L’art. 3 del D.Lgs 38/2017 interviene sull’art. 2635 c.c. :

  • includendo tra i soggetti attivi autori del reato, oltre a coloro che rivestono posizioni apicali di amministrazione e di controllo, anche coloro che svolgono attività lavorativa mediante l’esercizio di funzioni direttive ;
  • estendendo la fattispecie anche ad enti privati non societari;
  • ampliando le condotte cui si perviene all’accordo corruttivo. Nella corruzione passiva viene inclusa anche la sollecitazione del denaro o altra utilità  da parte del soggetto “intraneo” qualora ad essa segua la conclusione dell’accordo corruttivo, e nella corruzione attiva anche l’offerta di denaro o altra utilità da parte del soggetto “estraneo”, qualora essa venga accettata dal soggetto “intraneo”.
  • Prevedendo espressamente tra le modalità della condotta,  sia nell’ipotesi attiva che in quella passiva, la commissione della stessa per interposta persona;
  • specificando che il denaro o altra utilità sono non dovuti;
  • togliendo il riferimento alla necessità che la condotta cagioni un nocumento alla società;
  • prevedendo che la confisca per equivalente ricomprenda anche le utilità offerte, e non solo date o promesse.

Alla luce di quanto sopra esposto si riporta il nuovo art. 2635 c.c. (Corruzione tra privati)
“  Salvo che il fatto costituisca  più grave  reato,  gli  amministratori,  i   direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, di società o enti privati che, anche per interposta persona, sollecitano o ricevono, per se  o  per altri, denaro  o  altra  utilità non  dovuti,  o  ne  accettano  la promessa, per compiere o per omettere un  atto  in  violazione  degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà,  sono puniti con la reclusione da uno a tre anni. Si applica la stessa pena se il fatto  è commesso  da  chi  nell’ambito  organizzativo  della società o dell’ente privato esercita funzioni direttive  diverse  da quelle proprie dei soggetti di cui al precedente periodo.
  Si applica la pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma.
  Chi, anche per interposta persona, offre, promette o dà denaro o altra utilità non dovuti alle persone indicate nel primo e nel secondo comma, è punito con le pene ivi previste.
  Le pene stabilite nei commi precedenti sono raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.
  Si procede a querela della persona offesa, salvo che dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi.
  Fermo quanto previsto dall’articolo 2641, la misura della confisca per valore equivalente non può essere inferiore al valore delle utilità date, promesse o offerte”

  1. Introduzione dell’art. 2635 bis cc (Istigazione alla corruzione tra privati)

L’art. 4 del D.Lgs. 38/2017 introduce l’art. 2635 bis cc, che punisce l’istigazione alla corruzione. Sotto il profilo attivo sarà quindi punito chi offre o promette denaro o altra utilità non dovuti ad un soggetto “intraneo” qualora l’offerta o la promessa non sia accettata (art. 2635 bis co.1). Sotto il profilo passivo sarà prevista la punibilità dell’ “intraneo” che solleciti una promessa o dazione di denaro o altra utilità, qualora la sollecitazione non sia accettata. (art. 2635 bis co.2).

Si riporta il testo del nuovo art. 2635 bis c.c. (istigazione alla corruzione tra privati)
“  Chiunque offre o promette denaro o altra utilità non dovuti agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, di società o enti privati, nonché a chi svolge in essi un’attività lavorativa con l’esercizio di funzioni direttive, affinché compia od ometta un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio o degli obblighi di fedeltà, soggiace, qualora l’offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell’articolo 2635, ridotta di un terzo.
  La pena di cui al primo comma si applica agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, di società o enti privati, nonché a chi svolge in essi attività lavorativa con l’esercizio di funzioni direttive, che sollecitano per sé o per altri, anche per interposta persona, una promessa o dazione di denaro o di altra utilità, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, qualora la sollecitazione non sia accettata.
  Si procede a querela della persona offesa”.

  1. Introduzione dell’art. 2635 ter c.c. (Pene accessorie)

L’art. 5 del D.Lgs. 38/2017 introduce l’art. 2635 ter c.c. che disciplina le pene accessorie da applicare in caso di condanna per il reato 2635, co. 1 c.c. (corruzione passiva dell’intraneo), nei confronti di chi sia già stato condannato per tale reato o per quello di cui all’art. 2635-bis, co. 2 c.c. (istigazione passiva alla corruzione). In questi casi si applicherà la pena dell’interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese di cui all’art. 32-bis c.p.

Si riporta il testo del nuovo art. 2635 ter c.c. (Pene accessorie)
“La condanna per il reato di cui all’articolo 2635, primo comma, importa in ogni caso l’interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese di cui all’articolo 32-bis del codice penale nei confronti di chi sia già stato condannato per il medesimo reato o per quello di cui all’articolo 2635-bis, secondo comma”.

  1. Modifica al D.lgs. 231/01

L’art. 6 del D.Lgs. 38/2017 modifica, sotto il profilo sanzionatorio, la lettera s-bis dell’art. 25 ter (reati societari) del D.lgs.231/01, aumentando le sanzioni già previste per i casi di corruzione attiva ed introducendo la sanzione anche nei casi di istigazione attiva alla corruzione.
La nuova lettera s-bis prevede che in caso di corruzione attiva tra privati (soggetto “estraneo”)  ex art. 2635, comma 3, si applichi la sanzione pecuniaria da quattrocento a seicento quote e nei casi di istigazione attiva (art. 2635-bis, comma 1 c.c.), la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote. Si applicano, altresì, le sanzioni interdittive previste dall’art. 9, co 2 de  D.Lgs. n. 231/2001 .

Ricordiamo che le sanzioni interdittive previste dall’art. 9, co. 2  sono le seguenti:

a)  l’interdizione dall’esercizio dell’attività;
b)  la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
c)  il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
d)  l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;
e)  il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

Si riporta il testo della lettera  s-bis, art. 25 ter del D.Lgs. 231/01
“per il delitto di corruzione tra privati, nei casi previsti dal terzo comma dell’articolo 2635 del codice civile, la sanzione pecuniaria da quattrocento a seicento quote e, nei casi di istigazione di cui al primo comma dell’articolo 2635-bis del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote. Si applicano altresì le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2”

Cliccare sul seguente link per scaricare il testo aggiornato della norma:

D.lgs-231.01-aggiornato-ad-aprile-2017

0 3476

Sono state pubblicate in Gazzetta Ufficiale del 24.03.2017 le “Linee guida recanti indicazioni sull’attuazione dell’art. 14 del D.Lgs. 33/2013, recante “Obblighi di pubblicazione concernenti i titolari di incarichi politici, di amministrazione, di direzione o di Governo e i titolari di incarichi dirigenziali” come modificato dall’art. 13 del d.lgs. 97/2016.”

Tali Linee guida forniscono indicazioni e chiarimenti in merito all’attuazione delle misure di trasparenza contenute nell’art. 14 del D. Lgs. 33/2013 alla luce delle modifiche introdotte dal d.lgs. 97/2016, che ha ampliato i soggetti tenuti agli obblighi di pubblicazione e sono dirette a tutte le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1 co. 2 D.lgs. 165/2001, ivi comprese le autorità portuali, le autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione.

Le Linee guida  sono entrate vigore il 25.3.2017, giorno successivo alla pubblicazione sulla G.U. e sostituiscono integralmente la delibera numero 144 del 7 ottobre 2014.

Per l’applicazione di tali disposizioni agli enti pubblici economici, società in controllo pubblico, associazioni, fondazioni ed enti di diritto privato comunque denominati, non sono invece ancora state emesse le apposite linee guida.

Il documento è disponibile sia nel sito della Gazzetta Ufficiale all’indirizzo www.gazzettaufficiale.it, sia nel sito dell’Anac all’indirizzo www.anticorruzione.it

Per la prima volta dopo l’entrata in vigore della legge 60 del 2015 che ha introdotto il nuovo delitto di inquinamento ambientale, la Cassazione con una recente sentenza  n.46170 del 3.11.2016 ha affrontato i dubbi interpretativi che la scarsa determinatezza della norma aveva suscitato.

Il caso sottoposto alla Corte riguardava l’attuazione di un progetto di bonifica di alcuni fondali di un porto, dove la ditta incaricata delle operazioni di dragaggio aveva omesso di osservare le prescrizioni progettuali, provocando dispersione di sedimenti nelle acque circostanti, conseguente trasporto degli inquinanti in essi contenuti (idrocarburi e metalli pesanti) e tali da cagionare un deterioramento ed una compromissione significativa delle acque del golfo.
Per questo motivo il Gip aveva disposto il sequestro preventivo del cantiere e parte del fondale ipotizzando a carico del progettista e direttore dei lavori il reato di inquinamento ambientale di cui l’art. 452 bis c.p..
La società esecutrice dei lavori proponeva ricorso al Tribunale del Riesame che annullava il sequestro, riconoscendo l’astratta configurabilità degli elementi costituitivi del reato oggetto della provvisoria incolpazione fatta eccezione per il deterioramento significativo delle acque. Contro tale annullamento ha proposto ricorso in Cassazione il Procuratore della Repubblica.

Il reato di inquinamento ambientale ex art. 452 bis c.p. prevede che: “È punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000 chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili:
1) delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;
2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.
Quando l’inquinamento è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata”.

Il primo punto affrontato dalla Corte di Cassazione nella sentenza riguarda l’interpretazione del requisito della “abusività” della condotta. Secondo i Giudici della Suprema Corte il concetto di condotta abusiva deve intendersi in senso ampio “comprensivo non soltanto di quella posta in essere in violazione di leggi statali o regionali, ancorchè non strettamente pertinenti al settore ambientale, ma anche di prescrizioni amministrative”.
La Corte, traendo spunto dalla consolidata interpretazione giurisprudenziale formatasi in relazione al delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, i cui principi sono utilizzabili anche in relazione al delitto di inquinamento ambientale, ha ricordato che il carattere abusivo della condotta sussiste “qualora essa si svolga continuativamente nell’inosservanza delle prescrizioni delle autorizzazioni, il che si verifica non solo allorché tali autorizzazioni manchino del tutto (cosiddetta attività clandestina), ma anche quando esse siano scadute o palesemente illegittime e comunque non commisurate al tipo di rifiuti ricevuti, aventi diversa natura rispetto a quelli autorizzati”.

In merito all’oggetto materiale del reato, la Suprema Corte sottolinea che non vi è incertezza che l’articolo 452 bis c.p. ricomprenda anche le acque in genere, così come l’aria, precisando che. se anche per le stesse non vi è “alcun riferimento quantitativo o dimensionale, di fatto difficilmente individuabile, diversamente da quanto previsto riguardo al suolo o sottosuolo, il cui degrado deve interessarne“porzioni estese o significativeè tuttavia evidente che, in ogni caso, l’estensione e l’intensità del fenomeno produttivo di inquinamento ha comunque una sua incidenza, difficilmente potendosi definire “significativo” quello di minimo rilievo, pur considerandone la più accentuata diffusività nell’aria e nell’acqua rispetto a ciò che avviene sul suolo e sottosuolo”.
In relazione alle acque e all’aria la norma richiede quindi una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili. Concetti ritenuti alternativi dal legislatore.
Al fine di attribuire un significato concreto a tali termini, la Corte di Cassazione ritiene che non assuma rilievo decisivo la denominazione di “inquinamento ambientale” attribuita al reato in esame, in quanto la stessa  “evidenzia, sostanzialmente, una condizione di degrado dell’originario assetto dell’ambiente”. Allo stesso modo di scarso aiuto appaiono le definizioni di inquinamento ambientale o di deterioramento significativo e misurabile contenute nel D.lgs. n. 152/2006.
Per la Suprema Corte la compromissione e il deterioramento “indicano fenomeni sostanzialmente equivalenti negli effetti, in quanto si risolvono entrambi in una alterazione, ossia in una modifica dell’originaria consistenza della matrice ambientale o dell’ecosistema”.
La compromissione consiste quindi in “una condizione di rischio e pericolo che potrebbe definirsi di “squilibrio funzionale” perché incidente sui normali processi naturali correlati alla specificità della matrice ambientale o dell’ecosistema” mentre il deterioramento implica uno “squilibrio strutturale”, caratterizzato da un decadimento di stato o di qualità” dei processi naturali.
Da ciò consegue, per la Corte, che non assume rilievo l’eventuale reversibilità del fenomeno inquinante, se non come uno degli elementi che distinguono il reato di inquinamento ambientale da quello più severamente punito di disastro ambientale previsto dall’art. 452 quater c.p.

La sentenza prosegue  sottolineando che l’operatività del 452 bis c.p. è delimitata inoltre dalla precisazione che la compromissione e il deterioramento devono essere “significativi e misurabili”, elementi che – osserva la Corte – elevano “in modo considerevole il livello di lesività della condotta, escludendo i fatti di minore rilievo”.
Per i Giudici anche in questo caso non si può prescindere dal significato lessicale dei termini utilizzati, considerando che il termine “significativo denota sen’altro incisività e rilevanza, mentre misurabilità può dirsi ciò che è quantitativamente apprezzabile o, comunque oggettivamente rilevabile”.
Poiché non ci sono espliciti riferimenti a limiti imposti da specifiche disposizioni o a particolare metodiche di analisi, secondo la Corte i parametri imposti dalla disciplina di settore non possono operare come “vincolo assoluto” per l’interprete per quantificare l’inquinamento, ma solo come “un utile riferimento nel caso in cui possano fornire, considerando lo scostamento tra gli standard prefissati e la sua ripetitività, un elemento concreto di giudizio circa il fatto che la compromissione o il deterioramento causati siano effettivamente significativi”. Infatti il superamento dei parametri imposti dalla disciplina di settore “non implica necessariamente una situazione di danno o di pericolo per l’ambiente”, potendoci essere casi in cui, “pur in assenza di limiti imposti normativamente, tale situazione sia di macroscopica evidenza o, comunque, concretamente accertabile”.

Cliccare qui per il testo completo della sentenza Cass. Pen. sez. III n.46170 del 3.11.2016

È stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale ed è entrata in vigore il 4 novembre 2016,  la nuova legge 199/2016 in materia di contrasto ai  fenomeni  del  lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro  in  agricoltura  e  di  riallineamento retributivo nel settore agricolo.
Tale legge affronta il fenomeno criminale del caporalato riformulandone e aggiornandone la definizione, inasprendo le pene per gli sfruttatori ed estendendo la responsabilità e le sanzioni anche agli imprenditori che impiegano manodopera, anche facendo ricorso all’intermediazione dei caporali, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori e sottoponendo gli stessi a condizioni di sfruttamento.
L’art.603 bis del Codice Penale è stato sostituito con il seguente:
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa  da  500  a  1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, chiunque:
 1) recluta manodopera allo scopo di destinarla al  lavoro  presso terzi in condizioni di sfruttamento,  approfittando  dello  stato  di bisogno dei lavoratori;
2)  utilizza,  assume  o  impiega  manodopera,   anche   mediante l’attività di intermediazione di cui al numero  1),  sottoponendo  i lavoratori a condizioni di sfruttamento  ed  approfittando  del  loro stato di bisogno.
Se i fatti sono commessi mediante violenza o minaccia,  si  applica la pena della reclusione da cinque a otto anni e la multa da 1.000  a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.
Ai fini del presente articolo, costituisce indice  di  sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti condizioni:
1)  la  reiterata  corresponsione   di   retribuzioni   in   modo palesemente   difforme   dai   contratti   collettivi   nazionali   o territoriali   stipulati   dalle   organizzazioni   sindacali    più rappresentative  a  livello  nazionale,  o  comunque   sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;
2) la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale,  all’aspettativa obbligatoria, alle ferie;
3) la  sussistenza  di  violazioni  delle  norme  in  materia  di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro;
4) la sottoposizione del lavoratore a  condizioni  di  lavoro,  a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti.
Costituiscono aggravante specifica  e  comportano  l’aumento  della pena da un terzo alla metà:
1) il fatto che il numero di lavoratori reclutati sia superiore a tre;
2) il fatto che uno o piu’ dei soggetti reclutati siano minori in età non lavorativa;
3) l’aver commesso il fatto esponendo i  lavoratori  sfruttati  a situazioni di grave pericolo,  avuto  riguardo  alle  caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro”.

La legge ha previsto inoltre che tale fattispecie delittuosa sia inserita nel novero dei reati previsti in materia di responsabilità amministrativa degli enti ex D.lgs. 231/01,  all’articolo 25-quinquies, comma 1, lettera a), tra i delitti contro la personalità individuale.
Tale illecito dell’ente sarà quindi punibile con la sanzione pecuniaria da 400 a 1000 quote e con le sanzioni interdittive previste dell’art. 9 co. 2 del D.lgs.231/01 per una durata non inferiore ad un anno.
Ricordiamo che le sanzioni interdittive previste dall’art. 9 co. 2 del D.lgs.231/01 sono:
a) l’interdizione dall’esercizio dell’attività;
b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
c) il divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
d) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;
e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

Tra le altre novità introdotte, interessante è quanto previsto della presente legge all’art. 3, ai sensi del quale “…qualora ricorrano i presupposti indicati nel  comma  1 dell’articolo 321 del codice di procedura penale, (quando vi è il pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati”) il giudice dispone, in luogo del sequestro, il controllo giudiziario dell’azienda  presso cui e’ stato commesso il reato, qualora l’interruzione dell’attività imprenditoriale possa comportare ripercussioni negative  sui  livelli occupazionali o  compromettere  il  valore  economico  del  complesso aziendale…. L’amministratore  giudiziario  affianca  l’imprenditore   nella gestione dell’azienda ed  autorizza  lo  svolgimento  degli  atti  di amministrazione utili all’impresa,  riferendo  al  giudice  ogni  tre mesi,  e  comunque  ogni  qualvolta  emergano   irregolarità  circa l’andamento dell’attività  aziendale”

La legge ha inoltre introdotto:

  • un’attenuante in caso di collaborazione con le autorità;
  • l’arresto obbligatorio in flagranza di reato;
  • il rafforzamento dell’istituto della confisca;
  • l’adozione di misure cautelari relative all’azienda agricola in cui è commesso il reato;
  • l’estensione alle vittime del caporalato delle provvidenze del Fondo antitratta;
  • il potenziamento della Rete del lavoro agricolo di qualità, in funzione di strumento di controllo e prevenzione del lavoro nero in agricoltura;
  • il graduale riallineamento delle retribuzioni nel settore agricolo.

Cliccare qui per il testo completo della legge legge-29-ottobre-2016-n-199, tratta dal sito della Gazzetta Ufficiale.

 

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Sul sito del Garante della Privacy (www.garanteprivacy.it) è possibile trovare una breve Guida informativa sul nuovo Regolamento Europeo 2016/679 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonchè alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati).

Tale Regolamento è entrato in vigore il 24 maggio 2016 e diventerà direttamente applicabile in tutti gli Stati dell’Unione a partire dal 25 maggio 2018.